Gli intrighi portuali dello sherpa di Di Majo con delega a politica e affari

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Chi sono il rampollo della Roma bene che voleva fare il diplomatico e il suo amico Ivan Magri che parla in nome e per conto del presidente

ROMA – Per il porto di Civitavecchia, dalla fine del 2013 non c’è pace. Tutto cominciò in coincidenza della caduta della giunta di centrosinistra Tidei III al Comune di Civitavecchia. Prima le ispezioni e le inchieste (finite con il proscioglimento del Gip di Civitavecchia, contro cui la Procura ha fatto ricorso) su Pasqualino Monti (nominato dalla destra alla guida del Porto di Roma: da Altero Matteoli su proposta di Andrea Augello e con il placet dell’allora governatrice Renata Polverini e poi abile, dopo le dimissioni di Maurizio Lupi dal MIT, a entrare nelle grazie dell’establishment renziano, dimessosi e poi nominato presidente a Palermo, sempre dal ministro dem Graziano Delrio). Poi l’arrivo, che doveva essere pacificatore, di Francesco Maria Di Majo, figlio del luminare del diritto e barone universitario Adolfo, lanciato verso la carriera diplomatica e poi mestamente tornato a Roma dopo aver fatto tappa all’ambasciata austriaca, trovando anche moglie al di là delle alpi. Di Majo probabilmente “bara” subito con il curriculum, per farsi prima inserire nelle terne previste dalla legge sui porti e poi vincere il superbando-farsa di Delrio.

Oggi l’ANAC starebbe rivalutando, dopo un paio di esposti, le competenze del presidente poliglotta.

Problemi per la nomina non ne ha: lo sostiene tutto il Pd e poi lui è di casa con Re Giorgio Napolitano. Papà Adolfo è amico di tutti quelli che contano, Forza Italia non ha nulla da eccepire, purché sloggi Monti anche da Gaeta. E allora l’incoronazione dell’ex enfant prodige della Farnesina si può fare: dai Monti al mare il passo è breve. Soprattutto con uno sherpa come tale Ivan Magri, uno che si vanta di conoscere vizi, tic, pregi e difetti di tutta la sinistra romana, e non solo, da quando c’erano il Pci e la Fgci: da Goffredo Bettini a Nicola Zingaretti, passando per tutti gli altri big comunisti e soprattutto post, fino ovviamente alla famiglia Tidei, che domina su Civitavecchia da diversi lustri.

Neppure l’onda grillina del 2014, con relativa sonora sconfitta del patriarca Pietro, ferma i Tidei (la figlia Marietta prende il posto del padre alla Camera e ora approva in Regione) e lo stesso Magri. Che si trova a suo agio con tutto l’arco costituzionale: ha amici potenti a destra, come l’ex sindaco e, guarda caso, presidente del porto Giovanni Moscherini, craxiano già segretario dei camalli italiani della Cgil, che con Magri da anni si dice viva rapporti di amore e odio, a fasi alterne. Nel 2014 Magri lo troviamo proprio a destra, insieme al candidato calato da Pasqualino Monti, a costo di spaccare il centrodestra, per prendersi porto e città, il suo portavoce Massimiliano Grasso, che non va al ballottaggio con Tidei (sempre lui) per poche decine di voti, dando via libera al grillino-ambientalista-comunista Antonio Cozzolino, destinato a diventare sindaco. Incredibile, ma vero, Magri si insinua anche nel M5S. A quanto pare, il fondatore del movimento a Civitavecchia è parente alla lontana dello sherpa. Tanto basta per arrivare a Cozzolino e mettere in piedi i primi progetti. Dove? Nell’area della ex centrale elettrica di Fiumaretta, donata dall’Enel al Comune e da sempre nel mirino del porto, che ha bisogno di spazi. I grillini anti-Enel vorrebbero inserirla in un fondo immobiliare, da affidare a una SGR di Paolo Scaroni, che quando era alla guida dell’Enel convertì a carbone la centrale di Civitavecchia. A Fiumaretta il neo sindaco Cozzolino vorrebbe costruire un albergo di lusso e un outlet per i turisti delle crociere.

Nel frattempo Magri compie il suo capolavoro, aiutato dalle amicizie influentissime di papà Di Majo, porta il rampollo alla presidenza dell’autorità portuale. Il suo disegno è quello di diventarne il capo di gabinetto, ma il coraggio pare subito non essere la dote principale della mancata feluca. E allora non se ne fa niente: per ricompensare l’amico Magri, il neo presidente gli lascia campo libero per affari e politica, due ambiti in ci si dimostra a digiuno (non saranno gli unici).

Tanto che, stando a diversi racconti raccolti sulle banchine civitavecchiesi, Magri si siede a tavola con potenti romani e soprattutto con imprenditori di tutta la regione, parlando a nome di Di Majo e proponendo business di ogni genere, purché abbia a che fare con navi e moli.

Mentre costruisce la sua ragnatela di relazioni, Magri fa l’incontro che gli cambia vita e prospettive, entrando a contatto con un mondo che evidentemente lo affascina: quello dei servizi segreti. (2/segue)




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