Di Majo, un uomo solo al comando del porto di Civitavecchia

6549

ROMA – Francesco Maria di Majo (pare si debba scrivere così, con la particella nobiliare minuscola) è un uomo politicamente solo, isolato, al comando del più importante porto crocieristico italiano. In un anno e mezzo è riuscito a mandare in default tecnico l’Autorità Portuale, uno degli enti più solidi di Roma e del Lazio, a perdere traffici ed accordi con gli armatori, a smontare un gruppo di lavoro che negli anni e con i precedenti presidenti (il senatore Ds Francesco Nerli, l’ex segretario generale della Filt Cgil poi sindaco del Pdl Gianni Moscherini, l’ex deputato e assessore regionale margheritino e poi dem Fabio Ciani, l’ex assessore IDV poi PDL Pasqualino Monti) aveva comunque dato prova di professionalità,dinamicità e capacità, e a rimanere ”orfano”. Il senatore dem Bruno Astorre non vuole più sentirne parlare. Il governatore Nicola Zingaretti neppure lo riceve. Il ministro (ancora in carica per gli affari correnti) Graziano Delrio ed il suo ex consigliere (nel frattempo approdato nel porto sicuro di Confetra) Ivano Russo quando sentono parlare di lui allargano le braccia sconsolati. E questo solo per restare tra gli “amici” che lo avevano nominato, facendo esultare soprattutto a Civitavecchia l’ex sindaco Pietro Tidei e la di lui figlia onorevole Marietta, che più di tutti avevano lavorato alla “cacciata” di Monti e per la nomina di di Majo, che vantava sponsor politici eccellenti, grazie alle amicizie ed alle relazioni influentissime di papà professor Adolfo, in grado anche di arrivare nientepopòdimeno che a Re Giorgio Napolitano attraverso il di lui figlio ed ex collega Giulio.

Giulio Napolitano, figlio di Clio e del presidente Giorgio, vanta già numerosi soprannomi sebbene abbia appena 44 anni. Ne compirà 45 a luglio, ma nei palazzi romani c’è già chi lo definisce il “principe ereditario dell’aristocrazia comunista” o anche il “Gianni Letta della rottamazione”, nel senso che appare già come il candidato naturale per quel lavoro di tessitura economico-politica bipartisan, appaltato nella prima e nella seconda Repubblica all’ex direttore del Tempo. Nella Terza Repubblica targata Matteo Renzi e Enrico Letta s’inserisce Giulio insieme con il fraterno amico e avvocato Andrea Zoppini, titolare dell’omonimo studio legale tra i più importanti di Roma, attivi entrambi in questa fase così confusa per la Repubblica Italiana, tra cambi di governo in corsa e una partita sulle nomine nelle aziende pubbliche, da Eni a Finmeccanica, che toglie il sonno a tanti boiardi di Stato. Del resto il giovane Napolitano conosce bene la pubblica amministrazione e sa muoversi nel regno dell’apparato statale con grande disinvoltura.

Insegna diritto amministrativo all’Università Roma Tre, ateneo pubblico dai maligni anche definito “l’università dei Ds”. L’appellativo deriva da un incrocio di circostanze più o meno casuali che fanno dei palazzi lungo l’Ostiense una sorta di Quirinale bis. Da queste parti non è mai stato dimenticato il rettore Guido Fabiani, vero e proprio simbolo dell’ateneo capitolino. In carica per quattro mandati – celebre ancora oggi il voto in senato accademico con cui modificò lo statuto che ne consentiva al massimo due – ha lasciato nel 2013 dopo essere stato nominato assessore alle Attività Produttive e allo Sviluppo Economico della giunta regionale del Lazio di Nicola Zingaretti. Fabiani è sposato con Talia Binotti, sorella di Clio Napolitano, quindi cognato del Capo dello Stato. La figlia Anna Fabiani, cugina di Giulio, insegna Scienze Biologiche sempre a Roma Tre, mentre suo marito Alberto Tenderini è responsabile delle iniziative sportive nella stessa Università.

da: http://www.linkiesta.it/it/article/2014/03/06/napolitano-junior-il-principe-ereditario/19973/

Ivan Magrì, stretto il rapporto con papà professor Adolfo, impegnandosi a far nominare a qualsiasi costo il pargolo Francesco Maria, che non era riuscito ad indossare la feluca diplomatica, ha battuto ogni strada e stretto ogni alleanza possibile per eliminare Monti ed il rischio di una sua riconferma, spianando poi la strada al di Majo jr e cominciando – prima ancora della nomina – a fare incetta di consulenze. Già, perché il primo incarico, papà professor Adolfo lo fece avere ad Ivan Magrì molto prima della nomina portuale del figliuolo. Il professor avvocato Di Majo fu infatti nominato curatore fallimentare per una parte del fallimento delle terme taurine di Civitavecchia, occupandosi in particolare della vendita del Casale dei Bagni (poi avvenuta recentemente ad una società fra l’altro concessionaria delle terme dei Papi di Viterbo) e nominando custode proprio Ivan Magrì, che sulle terme, ma anche sul porto ed in particolare su Fiumaretta, ha sempre cercato di giocare una partita politicamente doppia, tra Pd e M5S, con il quale a livello locale ha rapporti grazie al fatto di essere nipote del fondatore del primo meetup locale, nonché capo di gabinetto del Sindaco e padre di un consigliere comunale grillino, Aldo Pucci.

Magrì ha prima contribuito a portare al porto Umberto Saccone, ex generale proveniente dal Sismi e dalla security Eni, ora stratega per la sicurezza del M5S. Poi avrebbe voluto da subito insediare accanto a Francesco Maria l’ufficiale delle Capitanerie Lorenzo Savarese, come segretario generale, che oggi si scopre essere a sua volta molto vicino al M5S, tanto che il Sindaco Antonio Cozzolino – prima di scoprire che il duo Magrì-di Majo vorrebbe Savarese sulla poltrona di Roberta Macii già a fine mese – lo ha designato al posto di Francesco Fortunato in Comitato portuale, ovviamente in quota M5S.

Resta la sinistra di Enrico Luciani, che sussurra a Roberta Macii di sostenerla ed essere accanto a lei insieme ai camalli, ma poi è pronto – da vero democristiano, altro che falce e martello – a scendere a patti con di Majo: prima per il rinnovo dell’autorizzazione per la Compagnia Portuale, poi per intercedere con Enel in vista della scadenza di un importante contratto relativo alla centrale a carbone, in cui i portuali sono presenti con una società, la Minosse, che oggi è strategica per la Compagnia, in difficoltà per la diminuzione dei traffici dell’era Di Majo.

E poi c’è il centrodestra. Dove Magrì contava sull’accordo con il ras forzista Claudio Fazzone, che aveva portato all’eliminazione di Monti ed alla sconfitta del centrodestra nelle elezioni amministrative del 2014, quando Forza Italia non appoggiò Massimiliano Grasso, ritenuto uomo di Monti, oggi in odore di licenziamento dall’ufficio stampa dell’Autorità Portuale, per mano di Di Majo e Magrì, che alle elezioni però sostenne lo stesso Grasso. Oggi tante cose sono cambiate e proprio Forza Italia (che da mesi dichiara ad ogni livello che nel 2019 sosterrà Grasso nella ricandidatura a Sindaco) ha messo di Majo nel mirino, come già da mesi ha fatto Fratelli d’Italia.

Insomma, la politica a 360 gradi ha mollato Francesco Maria di Majo, che galleggia solo grazie al fatto che di avere un nuovo Governo ancora non se ne parla.

Il senatore Gaetano Quagliariello ha comunque affondato il primo colpo con una interrogazione a cui, prima o poi, un Ministro dovrà pur rispondere.

E la bomba-Macii esplosa in questo fine settimana rischia di essere il colpo finale per un presidente che si mostra spavaldo in tutta la sua inadeguatezza a guidare non un porto, ma finanche un condominio.

Le motivazioni trapelate rispetto alla richiesta di dimissioni avanzata dal presidente nei confronti della segretaria generale sono inquietanti: oltre alla ridicola scusa di non aver rappresentato lui stesso (impegnato chissà dove, lontano da Civitavecchia) e l’ente alla processione in porto della santa Fermina, patrona della città, i motivi veri sarebbero altri. Macii andrebbe punita e cacciata per non avere obbedito agli ordini presidenziali sulla revoca della concessione ultratrentennale alla società Port Mobility, fino allo scorso anno partecipata dalla stessa Autorità Portuale, e sui tagli al personale e agli stipendi dell’ente.

Il primo punto è da mesi al centro delle battaglie condotte contro l’avvocato Edgardo Azzopardi, azionista di maggioranza della Port Mobility, che occupa oltre 120 persone, dalla famiglia Tidei, attraverso i suoi portavoce (in particolare, l’esponente del Pd locale Fabio Angeloni, da sempre ufficio stampa di Tidei senior) e attraverso il socio della stessa azienda Royal Bus, che con la regia del solito Ivan Magrì, è stato al centro di polemiche infuocatissime, arrivando per primo a chiedere formalmente la revoca della concessione alla Port Mobility.

Una vicenda che si trascinerà nelle aule di giustizia ma che sarebbe inquietante se fosse veramente al centro della richiesta di dimissioni di un presidente al proprio segretario generale, che sta cercando di gestire tutta la complessa e delicata partita con la necessaria cautela e con equilibrio.

Per non parlare dei tagli al personale: Di Majo ha chiesto a Macii di licenziare il capo ufficio stampa Massimiliano Grasso. Lei si è opposta non ritenendo ci fossero valide motivazioni, pare che il presidente Francesco Maria di Majo abbia chiesto anche una consulenza, che avrebbe bocciato sonoramente quanto scritto e fatto dall’avvocato Francesco Maria di Majo. Fatto sta che Grasso, pur rinchiuso in un ufficio studi insieme ad altri dirigenti da punire, è ancora dentro Scalo Vespucci.

Insomma, un caos attorno al quale il porto continua a perdere colpi e affidabilità agli occhi di armatori e investitori. Con una certezza, rispetto alla data che il plenipotenziario di Saccone alla PAS (la società di sicurezza del porto), Vincenzo Conte, aveva annunciato al giornalista Gianlorenzo di Etrurianews, anticipandogli che a maggio la Macii avrebbe lasciato l’incarico (come faceva questo Conte, pur provenendo anche lui dal potentissimo ed efficientissimo mondo dei Servizi, a conoscere in anticipo cosa e quando sarebbe accaduto?): difficilmente la coppia Di Majo-Macii arriverà a fine anno. Ma non è detto che le certezze dei Conte & Co. su chi sia dei due ad andarsene da Civitavecchia siano ancora così granitiche dopo la risposta odierna della dirigente di Piombino:

Dopo 24 ore di riflessione, Roberta Macii ha rotto il silenzio. Con una nota da cui traspare un forte coinvolgimento emotivo, oltre ad una forte voglia di far sentire le proprie ragioni di fronte a quella che evidentemente a lei, ma non solo a lei, a giudicare dalle prime reazioni informali di ambienti politici, imprenditoriali e portuali, appare come una grande ingiustizia, oltre che una manovra per eliminare ogni ostacolo nei piani presidenziali. Che in realtà, però, conti alla mano, stanno affossando il porto.

Il segretario generale nella sua nota dice chiaramente di non avere alcuna intenzione di dimettersi, confermando però implicitamente la fondatezza delle notizie uscite tra ieri e oggi circa la richiesta in tal senso ricevuta da di Majo e, presumibilmente, anche circa le motivazioni all’origine di tale richiesta, ossia il non aver obbedito alle disposizioni del presidente in merito alla revoca della concessione di Port Mobility ed ai tagli degli stipendi del personale dell’Adsp.

Proprio su questo ultimo punto, Roberta Macii è chiarissima con il presidente, che la invitava ad andarsene per il venir meno del rapporto di fiducia: “Il porto ha bisogno di andare avanti con celerità e determinazione e questo porto per l’importanza che riveste a livello nazionale e internazionale ne ha bisogno più degli altri. In questo senso, analogamente da quanto avvenuto negli ultimi 17 anni di servizio altrove, ho lavorato e sto lavorando con lealtà verso l’istituzione, verso chi in questo momento ne è alla guida ed il sistema portuale complessivamente inteso ed è quanto è mio dovere continuare a fare, finché mi sarà consentito, nell’ottica del perseguimento dell’interesse pubblico e dell’Adsp di cui sono stata nominata Segretario Generale”.

Come dire che lealtà e fiducia non significano obbedire pedissequamente a qualsiasi disposizione, ma semmai ricercare le soluzioni più idonee a tutelare l’ente ed il presidente stesso, senza contare che un cambiamento in corsa del Segretario Generale significherebbe – comunque e con chiunque – perdere mesi preziosi per dare modo al subentrante di prendere conoscenza delle numerose e complesse questioni aperte in questo momento.

“Sento la necessità – scrive Roberta Macii – di rompere il silenzio per il rispetto che nutro nei confronti della comunità portuale tutta di Civitavecchia, dei colleghi straordinari (l’ho dichiarato e lo ripeterò in tutte le sedi) dell’Autorità di sistema portuale, dei lavoratori e di tutto coloro che operano in questo porto e che in questo anno ho avuto il privilegio e il piacere di conoscere. Quello di Civitavecchia (ed in tal senso non sono da meno Fiumicino e Gaeta) è un porto molto particolare, ti sfianca per il livello di complessità che le questioni di cui è gravato hanno raggiunto, tra l’altro sovrapponendosi negli anni, e nello stesso tempo, come tutto ciò che è complesso, ti conquista e ti sfida. E così è successo a me. Mi ha conquistata in pochissimo tempo come lo hanno fatto i miei colleghi. Voglio ripeterlo. Ci sono delle eccellenze in questa Amministrazione che lavorano con competenza, dedizione e passione per il “loro” porto. Un porto nel quale c’è ancora molto da costruire e da fare e non solo in termini infrastrutturali e il lavoro che noi siamo chiamati a fare non può che essere questo: costruire. Con il Presidente Di Majo non ci conoscevamo prima di questa esperienza e come avviene in qualunque genere di rapporto interpersonale, a maggior ragione se è nuovo, ad un certo punto si fa un bilancio. E così è accaduto. Le differenti esperienze professionali maturate negli anni hanno evidentemente formato diversamente ciascuno di noi tanto che scherzando ho sempre detto al Presidente che il “portuale” tra i due sono io. Ed il ruolo del Segretario in effetti lo richiede. L’anno che abbiamo trascorso insieme è passato, con grande affanno, ma tutto sommato con “serenità” e tanta voglia di fare che tuttavia si è ad un certo punto misurata su questioni importanti affrontate e affrontabili con approcci diversi per background diversi e per una “vision” diversa. La frenetica attività del quotidiano d’altra parte ha talvolta travolto la programmazione del lavoro rispetto alle scadenze ordinarie affannosamente adempiute e alla fine, si sa, conta tutto, le tensioni sono molte e ciascuno di noi ne fa una sintesi diversa dalla quale scaturiscono reazioni del tutto soggettive e questo è ciò che è accaduto in questi giorni. Ma questo non deve in alcun modo distogliere lo sguardo da un punto fermo: Il porto ha bisogno di andare avanti con celerità e determinazione e questo porto per l’importanza che riveste a livello nazionale e internazionale ne ha bisogno più degli altri. In questo senso, analogamente da quanto avvenuto negli ultimi 17 anni di servizio altrove, ho lavorato e sto lavorando con lealtà verso l’istituzione, verso chi in questo momento ne è alla guida ed il sistema portuale complessivamente inteso ed è quanto è mio dovere continuare a fare, finché mi sarà consentito, nell’ottica del perseguimento dell’interesse pubblico e dell’Adsp di cui sono stata nominata Segretario Generale”.

Da: http://www.civonline.it/articolo/macii-di-majo-lealta-e-operare-nellinteresse-dellente-e-del-porto

 




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *