Una cospirazione sulle banchine del porto di Civitavecchia

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ROMA – Una cospirazione sulle banchine del porto di Civitavecchia. Per far rimuovere, o comunque impedire il rinnovo della nomina del Presidente dell’Autorità Portuale Pasqualino Monti. E sostituirlo, come poi avvenuto, con quello che si presentava come l’uomo nuovo della portualità italiana, l’avvocato Francesco Maria Di Majo, figlio di un luminare del diritto, come il professor Adolfo Di Majo.
E’ la tesi suggestiva che emerge dagli articoli del blog del giornalista viterbese Paolo Gianlorenzo, che tra il 2015 e il 2016 con la sua campagna di stampa fu il braccio armato di chi politicamente e, oggi scopriamo, non solo, lavorò nell’ombra per sovvertire l’ordine costituito al vertice del porto di Civitavecchia.
Roba da libri di Tom Clancy, a prima vista. Ma a ben vedere, quanto pubblicato da Gianlorenzo appare invece figlio di trame inquietanti. Al centro delle quali, dietro la scena, c’è colui che di fatto ha “inventato” prima la candidatura, poi la nomina e, oggi, la presidenza di Francesco Maria Di Majo: ossia l’ex Pci-Pds-Ds ora dem inviso nel suo stesso partito, Ivan Magrì.
Magrì non ha mai fatto mistero della sua amicizia con Di Majo. Come legale esperto in particolare di diritto dell’ambiente, Magri – che nel corso degli anni è stato accanto a Moscherini, Tidei, Saladini, di nuovo Moscherini, Grasso, Cozzolino (tramite il suo capo di gabinetto, suo zio Aldo Pucci) fino a Di Majo – lo presentò a Gianni Moscherini, che nel 2014 era impegnato, da politico-imprenditore, nel cercare di far approdare a Civitavecchia il relitto della Costa Concordia, per procedere al suo smantellamento.
E’ allora che nasce l’asse Moscherini-Magrì-Di Majo, che dopo qualche mese – fallito l’obiettivo della Concordia, che avrebbe portato lavoro, consulenze e provvigioni per tutti – si rivolge verso un altro obiettivo: far fuori Pasqualino Monti da Molo Vespucci.
Mentre tra Moscherini e Monti volano gli stracci, ed entrambi si ritrovano al centro di altrettante inchieste giudiziarie con al centro la realizzazione della darsena traghetti e servizi del porto (per il primo ci sarà il processo per la vicenda della cava e della pietra da utilizzare per le opere marittime, mentre Monti è stato prosciolto dal Gip) Magrì lavora su due fronti: da un lato tesse la fitta rete di rapporti e relazioni per portare Di Majo alla candidatura a presidente; dall’altro – e questo lo si scopre oggi – si adopera utilizzando Gianlorenzo e le sue amicizie nel mondo dei giornali per screditare Monti agli occhi del neo-ministro Graziano Delrio, che ha da poco sostituito alla guida del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi, di Ncd, partito vicino al Presidente del Porto.
Contro Monti piovono esposti alle Procure di mezza Italia, all’Anticorruzione ed alla Corte dei Conti, oltre ad ispezioni del MEF e del Ministero di Porta Pia. Sotto la lente tutta l’attività amministrativa dell’Autorità Portuale di Civitavecchia, le assunzioni a chiamata diretta, i curriculum e i compensi dei collaboratori. Monti, pedinato e paparazzato, finisce persino sulla stampa rosa. L’intento è quello di distruggerlo, con ogni mezzo: si arriva anche alle minacce al figlio.
Alla fine, il presidente nel frattempo divenuto Commissario, alzerà bandiera bianca dimettendosi ad agosto del 2016. A fine novembre, Francesco Maria Di Majo farà il suo ingresso trionfale in porto, con Magrì al suo fianco. La storia di quanto accaduto nel 2017 sarà oggetto di un’altra puntata.
Oggi invece è interessante concentrarci su quanto pubblica Etrurianews, che nel frattempo è arrivato a riconoscere pubblicamente di essere stato strumentalizzato.
Gianlorenzo pubblica una serie di email evidentemente ricevute da Ivan Magrì: prima sull’affaire Concordia, poi per “bruciare” i vari altri nomi che si sarebbero potuti frapporre tra Di Majo e la poltrona di Molo Vespucci, infine, per affondare Monti.
Le ultime email, per non lasciare tracce, non sono inviate dalla casella personale dello stesso Magrì, ma risulta – da quanto pubblciato da Etrurianews – che siano state mandate a distanza di poche ore l’una dall’altra, il 18 novembre 2015, da una casella intestata fittiziamente ad “Anonymous” (così come erano firmati gli ”avvertimenti” a Monti, ma questa era un’altra storia). L’aspetto più interessante, a giudicare dalla schermata pubblicata dal sito di Gianlorenzo – è che l’invio sarebbe avvenuto da un “Anonymous remailer (austria)”, un paese caro proprio a Di Majo (la moglie è di Vienna, dove lui ha lavorato diversi anni in Ambasciata) che vi si reca molto frequentemente in vacanza, a volte, pare, raggiunto dallo stesso Magrì.
Fatto sta che l’anonimo austriaco, che cercava di non lasciare “firme” alle sue email più compromettenti, ma che evidentemente deve essere ben noto a Gianlorenzo, che poi ha pubblicato alcuni dei suoi servizi seguendo le “tracce” e i suggerimenti del suo ispiratore, nella email corretta del 18 novembre indica al giornalista viterbese come attaccare il duo Monti-Azzopardi (il patron di Port Mobility, poi effettivamente finito per diverso tempo nel mirino delle inchieste di Etrurianews).
“Sembra infatti che dopo un più che documentato esposto la Corte dei Conti e l’Anaca abbiano mandato una richiesta di chiarimento sugli stipendi e sulla posizione previdenziale del Commissario… Infatti, sembra che Monti nel periodo dal 2012 ad oggi, abbia mantenuto la doppia posizione contributiva, espressamente vietata dalla legge…”

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L’anonimo suggeritore, molto bene informato ed evidentemente esperto di norme e codici, come solo un avvocato potrebbe esserlo, cita quindi l’articolo 3 comma 44 della legge 244/2007, quella che secondo il sodalizio cospiratore dovrebbe mettere ko Monti, arrivando ad ipotizzare addirittura per lui il reato di peculato.
La vicenda, solo dopo diversi mesi, sarà chiarita. Ma pochi giorni dopo la mail del 18 novembre, il 4 dicembre del 2015, la Corte dei Conti comunica al Parlamento la relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria dell’Autorità Portuale di Civitavecchia per gli esercizi 2012-2014, con la determinazione numero 121 del 2015, di cui è estensore e relatore il Consigliere Claudio Gorelli, potentissimo capo della segreteria di Gianni Letta quando quest’ultimo era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri del premier Silvio Berlusconi.

Il 21 giugno del 2013 proprio Gianni Letta, all’inaugurazione della nuova banchina della famigerata darsena traghetti, disse: “Nel 2002 eravamo in tre a credere e lavorare per la crescita del porto, il sottoscritto, Gianni Moscherini che va ringraziato perché Monti ha appreso da lui l’impegno e l’amore per il porto, e il funzionario della Corte dei Conti Claudio Gorelli. Insieme abbiamo creduto e dato il via a questa avventura e oggi, grazie all’ottimo lavoro del giovane presidente Monti, che ho praticamente visto crescere prima da dipendente poi da dirigente ed oggi da numero uno di Molo Vespucci, il risultato è sotto gli occhi di tutti”.

Gorelli in quella relazione, che muove rilievi di non poco conto alla gestione di Monti, scrive tra l’altro: “… Il collegio dei revisori ha rilevato inoltre che il Presidente/Commissario è stato posto in aspettativa senza assegni a far data dalla sua nomina a Presidente, mantenendo la corresponsione dei contributi previdenziali ed assistenziali riferiti alla precedente posizione di dirigente dell’ente, in contrasto con l’art.3, comma 44 della legge n.244/2007. In attesa di ulteriori chiarimenti ha invitato l’ente, in via prudenziale, a sospendere la predetta contribuzione. In proposito il Segretario generale ha consegnato al collegio una nota del 12 ottobre 2015 con la quale l’ente ha chiesto un parere sul punto a Federmanager. Con riferimento a tale vicenda, relativa alla doppia contribuzione previdenziale, il Ministero vigilante ha informato l’ente che sono in corso opportuni approfondimenti con gli Istituti di previdenza”.
Come faceva, due settimane prima dell’adunanza della Corte dei Conti, l’anonimo suggeritore di Gianlorenzo a conoscere così dettagliatamente i rilievi dei collegio dei revisori dei conti di Molo Vespucci nei confronti del Commissario, a sapere che erano stati oggetto di un esposto in quel momento ancora non reso noto pubblicamente, e soprattutto ad anticipare per filo e per segno il contenuto della relazione della Corte dei Conti?
Per inciso, l’anno successivo, l’analoga relazione della Sezione di Controllo sugli enti pubblici della Corte dei Conti svolta da un altro magistrato, giunse a conclusioni opposte rispetto a quelle di Gorelli sulla gestione dello stesso Monti.
A questo punto non appare una coincidenza, ma semmai un “premio” il fatto che all’inizio dell’estate scorsa Ivan Magrì si presentò dalla neo nominata segretaria generale dell’ADSP Roberta Macii proponendole di dare un incarico consulenziale al consigliere Gorelli.
Macii garbatamente ma fermamente disse che non sarebbe stato né opportuno, né soprattutto legittimo, visto che Gorelli, da controllore, si era occupato dell’ente meno di 3 anni prima e sarebbe stato in conflitto di interesse, come previsto dalla legge.
Ma alla fine Ivan il terribile l’ha spuntata, a costo di far commettere un falso in atto pubblico all’amico presidente Di Majo: Gorelli va premiato. A farlo, ma ne risponderà nelle opportune sedi, il presidente Francesco Maria Di Majo che firma personalmente il decreto 309 del 2017 e lo nomina membro dell’organismo di valutazione interno.

Una firma che stando all’atto avviene a Civitavecchia il 29 dicembre dell’anno appena trascorso. Una firma che Di Majo non poteva mettere quel giorno a Molo Vespucci perché era in vacanza in Austria ma che, incredibilmente, risulta essere agli atti.
Ma è solo uno dei pericolosi (per entrambi) scivoloni in cui Magrì ha finito per far cadere il suo amico-presidente teleguidato.
(1 – segue)




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